Omocausto

Omocausto è una parola creata artificiosamente dalla comunità LGBTI+, derivandola dalla parola Olocausto, ed ha lo scopo di dare un nome alle discriminazioni, confinamenti e deportazioni subiti dagli e dalle omosessuali durante il periodo nazifascista.

Questa sezione della mostra inizia la sua narrazione dalla nascita del movimento LGBTI+ ottocentesco, arco di tempo nel quale la città di Berlino divenne un importante crocevia. La capitale prussiana, e poi capitale tedesca, vide infatti l’istituzione del primo movimento per la difesa dei diritti LGBTI+, la stampa del primo giornale gay, l’apertura dell’Istituto di Sessuologia di Magnus Hirschfeld e i primi interventi chirurgici di riassegnazione del sesso.
In Germania nacquero inoltre le parole “omosessuale” e “transessuale”.
Vengono quindi spiegate l’ascesa del Fascismo e del Nazismo, con la conseguente totale cancellazione del movimento omosessuale, diventato numericamente rilevante, e la deportazione nei campi di concentramento e il confino.

A causa di una quasi totale mancanza di testimonianze, oggi questa storia rimane quasi sconosciuta.

La comunità LGBTI+ italiana ha iniziato a metabolizzare quella fase storica grazie all’articolo del FUORI! pubblicato nel 1974 dal titolo “Lo sterminio degli omosessuali nel Terzo Reich”. Fu la prima riflessione pubblica in Italia sulla deportazione e lo sterminio degli e delle omosessuali perpetrato dal Nazismo, anche negli effetti successivi alla Seconda Guerra Mondiale. In questo senso è stata un frutto della manifestazione di Sanremo 1972.

Consulta anche: Omocausto: Lo sterminio dimenticato

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